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Meno capi ci sono nell’armadio, più ci rimangono nel cuore

Mentre noi mamme rimbalziamo fra un golfino invernale e una t-shirt leggera per gestire le temperature pazzerelle di queste giornate autunnali, con mattine fresce e pomeriggi tropicali, lei, Imelde Bronzieri, sta già lavorando alla stagione 2019/2020, perché “l’estate del prossimo anno è già in produzione ed è bellissima, stupenda” rivela soddisfatta.

Almeno tanto quanto la collezione MiMiSol pronta da indossare, da vivere, da amare e ricordare.

Si passa dal tulle alla seta, dalla felpa alle pailettes, dal fiocco in testa ai calzettoni di spugna, dal quadretto pied de poule alle piume, da plissettature e sfondi piega a pelo e pellicce, dalle sneakers a ballerina brillantose a quelle con i lacci stile maschiaccio…

Come è la bambina MiMiSol per la stagione fredda ormai alle porte?

E’ una bambina che parla a 360 gradi: va da momenti di eleganza all’abito più sportivo ma comunque ricercato. Questa collezione è dedicata al basket e propone, dalle magliettone alle scritte giganti, tutto quello che può essere l’interpretazione e la visibilità del marchio MiMiSol, frutto di un gran lavoro di ricerca anche nel quotidiano. C’è molta varietà perché dobbiamo accontentare una clientela internazionale che richiede sempre qualcosa di speciale.

 

Varietà non è sinonimo di eccesso.

Ci sono le piume, le felpe… ma oggi l’importante è avere un equilibrio. La cerimonia stessa si è evoluta: ci sono i capi più diversi secondo le esigenze di ogni famiglia e del tenore della festa.

Abiti dinamici quindi…

Sì, assolutamente, per una bambina contemporanea, una linea che sia moderna soprattutto nelle forme, nei dettagli, nel prevedere quel pizzico distintivo che trasmetta emozioni, che faccia in modo che il capo sia ricordato: i bambini hanno tanti cassettini vuoti da riempire con ricordi che poi li aiuteranno nelle loro scelte. Anche il vestire quotidiano è importante, non banale, e pian piano, giorno per giorno, può essere trasmesso un gusto che un bambino afferra e mette in pratica quando è grande.

Gusto contro…?

Io combatto l’arroganza degli eccessi, un bambino rimane sempre un bambino, non amo scimmiottare l’adulto o l’atteggiamento da adulto. Non voglio andare ad anticipare i tempi o a sollecitare comportamenti da grandi, preferisco che i piccoli rimangano tali il più possibile. Non mi interessa inserire in collezione un capo, diciamo così, “arrogante” solo perché venderebbe di più. Non è la mia filosofia; vado anche contro i miei interessi economici ma preferisco essere coerente.

Questo è lodevole. Ma a volte i capi non sono proprio alla portata di tutti.

Sui bambini deve esistere una tutela sotto ogni profilo e lo stesso shopping deve essere un momento arricchente fra genitori e figlio, perché si possono acquistare capi molto semplici, tanto più che i piccoli non sanno quanto costi un capo. La questione non è la marca, ma il saper individuare la qualità, capire quando un prodotto è buono.

La qualità influisce spesso anche sul prezzo, però.

Entra in gioco la quantità: molto meglio comprare meno, ma assolutamente di qualità. Far capire cosa è e cosa significa “qualità”. Meno capi ci sono negli armadi, più ci rimangono nella mente e nel cuore. E’ importantissima la memoria del ricordo, che non può mancare a nessuno, figuriamoci a un bambino.

Lei ha memoria di un capo legato a un ricordo particolare?

Li ricordo tutti! Ero quarta di sei sorelle e mi toccavano spesso abiti ereditati dalle tre più grandi. Ma in qualche occasione si andava dalla sarta e ognuna di noi si sceglieva un modello, un colore, un tessuto… era una vera festa! Ci sono dei vestiti che davvero ho nel cuore, come il colore indaco di un abito col quale io e altre due mie sorelle abbiamo fatto la Cresima: per me questo colore è magico, come dicono dei “bambini indaco”. Un altro abito bellissimo era uno giallo, color banana – come diceva mia madre – con una righetta nera: mentre ci ripenso lo vedo appeso sull’anta dell’armadio… Che felicità!

La società di oggi però è diversa da quella delle generazioni passate: i bambini sono connessi sin da piccoli e vedono di tutto. Far capire loro il concetto di qualità a volte è davvero difficile.

Abbiamo di fronte bambini molto preparati, veramente svegli, che parlano bene, fanno ragionamenti con cognizione di causa, intervengono in modo pertinente e sono sempre molto attenti: anche se fan finta di giocare, loro ascoltano. Il compito dei genitori e degli educatori è più arduo rispetto a un tempo, anche solo a 10 anni fa, ma comunque i bambini vanno accompagnati nella scelta. In questo percorso ci vogliono più tempo e più pazienza per portarli a pronunziare un “sì” condiviso, piuttosto che capitolare subito alle loro richieste o imporre la propria parola senza spiegazioni. Si invita il bambino a partecipare alla scelta, ma la parola finale va comunque veicolata dall’adulto.

E nel pensare a una nuova collezione, a cosa dà importanza?

Sul mercato ci sono tantissime proposte. L’acquirente “mamma con bambino” si rivolge a ciò che più l’attira, anche perché concorrono molti fattori in questo tipo di acquisto. Io propongo quello che penso sia divertente e rispettoso per il bambino, che possa lasciare spazio a emozioni nuove e ricollegarne di vecchie, perché ogni storia porta con sé ricordi anche legati a degli abiti.

Come se il capo non fosse prettamente un oggetto, ma un veicolo per arrivare a qualcosa di più ampio, ricco…

Esatto. Giorno per giorno si ha la possibilità di formare il gusto del bambino, che non si manifesta solo nell’abbigliarsi ma piuttosto nella capacità di scorgere la bellezza intorno a noi: di guardare quello che ci circonda, che sia un bel tramonto, un prato fiorito o il profumo dei fiori. E’ importante soffermarsi sul bello in cui siamo immersi, riuscire a riconoscerlo e ad apprezzarlo.

Ha sempre lavorato nella moda bambino?

Prima di sposarmi, quando ero molto giovane lavoravo in un’azienda d’abbigliamento, poi ho incontrato Stefano (Cavalleri, compagno e cofondatore de I Pinco Pallino, ndr) e ci siamo buttati in quest’avventura: non esisteva il mercato del bambino e noi abbiamo proposto un total look che si è rivelato un’idea azzeccata. Così abbiamo indirizzato “la” moda bambino.

Il suo stilista preferito?

Stimo molto Miuccia Prada, come creatrice ma soprattutto come donna: nel suo essere impresa, ha utilizzato la sua figura per promuovere l’arte e tante altre iniziative a favore delle donne. Mi piace quello che fa, nel mondo della moda, nella società, mi colpisce la sua capacità di reinvestire quel che raccoglie in qualcosa di sempre ammirevole. Prada incarna quello che avrei voluto essere io, l’adoro e la rispetto tantissimo.

Anche lei è molto attiva nel sociale: è stata vice sindaco e assessore ai Servizi Sociali e alle Politiche della Persona di San Paolo d’Argon, suo paese natio; ha contribuito a numerosi progetti di solidarietà in Italia e all’estero.

Cosa la spinge a essere sempre in prima linea, così attenta, aperta e pronta a dare?

Ai tempi de I Pinco Pallino, quando l’azienda era mia e potevo decidere quello che volevo, ci siamo veramente impegnati: c’erano due anime, quella imprenditoriale e quella sociale, che andavano di pari passo e così abbiamo sostenuto veramente tantissime iniziative. Ne sono molto contenta. Anche per l’impegno che ho dato al Comune di San Paolo d’Argon, tempo rubato un po’ alla famiglia e all’azienda però con la gioia di aver lasciato un bel segno. Credo sia stato importante per tante giovani ragazze aver avuto un referente adulto cui rapportarsi, che le aiutasse ad aprire la mente e gli orizzonti.

Lei ne ha avuti?

Assolutamente sì. Avevo 18 anni e vidi la foto di Marisa Bellisario, presidente dell’Italtel, unica donna in prima fila in una platea di soli uomini a una riunione negli States. Inutile dire quanto mi colpì. Non per nulla nel 2001 sono stata premiata con il premio Bellisario (riconoscimento che ogni anno premia le donne che si sono distinte nella professione, nel management, nella scienza, nell’economia e nel sociale a livello nazionale e internazionale, ndr). Il tetto di cristallo non è ancora rotto, bisogna darsi da fare, e tanto. Ma sono stata fortunata perché nella mia vita ho avuto incontri fantastici, con uomini e donne meravigliosi che mi hanno arricchito molto.

Rimanendo nella sfera bambino, con la giornalista Daniela Brancati ha intrapreso un grande lavoro culminato con l’istituzione dell’Osservatorio sull’Immagine dei Minori, i cui risultati hanno portato alla pubblicazione di vari testi, tra cui “Spot a doppio taglio” e “Guinzaglio elettronico. Il telefono cellulare”. Un ottimo lavoro.

Sì, grazie all’Università La Sapienza abbiamo lavorato a un progetto molto interessante, sfociato in tre convegni molto importanti, il primo dei quali si è svolto a Roma, aperto da Rita Levi Montalcini e arricchito dalla partecipazione di Giovanni Bollea, padre della moderna neuropsichiatria infantile. Ho avuto la fortuna di essergli amica negli ultimi dieci anni della sua vita e mi ha insegnato molto. Mi ha anche parlato di Maria Montessori, la persona che sicuramente ha capito e dato le indicazioni giuste su un bambino. Sto facendo la raccolta dei libri a lei dedicati, abbinati al Corriere della Sera. Sono stata fortunata perché il mio lavoro mi ha portato ad avvicinarmi a delle persone così ricche ma così semplici, intelligenti e capaci di dare che mi sono arricchita anche io. Come Maria Pia Fanfani, dedita ad opere umanitarie e di solidarietà: una donna eccezionale.

Come mai c’è bisogno di preoccuparsi dell’immagine dei più piccoli, della loro integrità e dignità?

Il problema è che il mondo economico guarda di più ai fatturati che non al rispetto del bambino. Ma io credo che ci si debba preoccupare e ricordare di quello che lasciamo dietro di noi. Personalmente non ho mai sposato un progetto se non per arricchire questo candido esserino, assolutamente non perché fosse da sfruttare.

Un credo che ricorre.

Sempre. E ripeto: pochi capi ma belli perché il bambino se ne ricordi. Insegnamogli a trattare bene una t-shirt, un paio di scarpe, e gli insegneremo ad avere premura del proprio “io”. La cura delle cose è la cura del sé che va mostrata e trasmessa al bambino: dare valore alle cose, alla propria vita, alla propria figura.

Lei ha tre figli e due nipoti: le piace essere nonna?

Tantissimo! Lo scorso agosto sono stata a New York con Lodovica, che ha 14 anni: siamo state al matrimonio di una mia amica che si è sposata a Central Park. Io e lei, felicissima, è stato stupendo. Sono contenta di aver un po’ di tempo da poter dedicare alla mia signorina e a Gregorio, suo fratello che ha 8 anni. Loro sono molto occupati, fra scuola e impegni vari, ma io cerco di esserci.

Anche i nipoti le hanno insegnato qualcosa?

Assolutamente. Poterli viverli, stare con loro così come coi figli degli amici, ti permette di arricchirti. Anche per il mio lavoro: il vederli, guardare come si comportano, come sono, ti aiuta a non fare più abiti di un certo tipo ma a farne altri. Le esigenze sono cambiate. Ma siamo cambiati anche noi: oggi un abito da sera lungo lo porti con le scarpe da jogging. Oppure abbini le ciabattine col tacchetto ai pantaloni.

Lei come si veste?

Mi diverto a vestirmi, a rispolverare i capi del guardaroba di qualche anno fa, a rimetterli insieme. Riprendere dei pezzi vecchi e mixarli con cose nuove.

Come è la figura della donna d’oggi?

Non c’è solo una donna. Ci sono tante donne di valore che lavorano moltissimo e che secondo me dovrebbero essere valorizzate ancora di più. Sono grata a chi lavora in questa direzione per cercare di aiutarle ad essere più visibili. Per esempio, Lella Golfo, presidente della Fondazione Bellisario, è la madrina delle “quote di genere” ed è grazie a questa legge se in tanti CdA sono entrate le donne. È da lì che bisogna andare avanti, non tornare indietro.

E dei giovani cosa pensa?

Io incontro dei giovani fantastici. Tutto dipende dall’educazione, dalla famiglia, dal contesto in cui crescono. Credo fermamente una cosa: un ragazzo non nasce con dei problemi e se a un certo punto ne manifesta è perché ci sono adulti che li hanno creati. Per questa ragione mi sono data da fare, quando ero operativa in ambito comunale, per favorire aiuti concreti alle famiglie, come il nido, il punto 0/24 per mamme che potevano incontrarsi, confrontarsi, confidarsi, ricevere i consigli di operatori preparati, rassicurarsi. Una mamma serena trasmette serenità al bambino.

Esperienza personale?

Io ho sempre avuto una famiglia allargata, avevo un apparato intorno che mi ha sempre sorretto e supportato, durante tutta la mia vita. Ma non tutti hanno questa fortuna, così ho cercato di dare supporto alle giovani famiglie, e non dico alle donne, perché un figlio è del padre e della madre. E’ fondamentale prevenire i problemi, creare i presupposti perché i bambini crescano in un ambiente di positività, in apertura verso il mondo. E non curare, poi, portando i piccoli dallo psicologo perché dai 3 anni cominciano a manifestare problemi. Tutto quello che riusciamo a dare, a investire nei primi 7 anni di vita – diceva il mio caro amico Giovanni Bollea – sarà l’adulto del domani.

Il più bel complimento che ha ricevuto?

Ne ho ricevuti moltissimi soprattutto da donne e mi fa molto piacere. Una volta è stata la signora Coin, che si occupa d’arte, a rivolgermene uno, il che mi ha fatto pensare… Da allora sento il bisogno, quando incontro qualcuno con dei bei colori, che emana energia, di manifestare la mia meraviglia e di condividerla con parole sincere e spontanee.

Il suo colore preferito?

L’indaco, non c’è dubbio, ma anche il rosso: il rossetto per eccellenza non può mancare perché mi mette di buon umore. Vorrei che qualcuno ne inventasse uno indelebile per potermi svegliare già con le labbra rosse!

Il suo accessorio prediletto?

Le scarpe – ride – anche se poi magari metto sempre le stesse. E i cerchietti.

Le sue passioni?

Amo il cinema, guardo tantissimi film, di quelli belli ed eleganti, con Maryl Streep, non quelli d’azione! Mi piace leggere ma non ne ho il tempo, adoro l’arte, in tutte le sue forme, e viaggiare: nel tornare a casa ti porti sempre delle esperienze nuove.

E’ proprio così, come nel preparare le valigie non scordi mai il maglione, la t-shirt, l’abito o i jeans del cuore.

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