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Conosciamo Rumi, autore di “Una Fiaba Bergamasca”

Buongiorno Rumi, siamo felici di incontrarti.
Ti abbiamo conosciuto per via del libro ‘Una Fiaba Bergamasca’, ma in verità hai pubblicato altri tre libri.
Raccontaci un po’ di te e delle tue pubblicazioni.

Buongiorno a voi, il piacere è tutto mio.
Sì, “Una Fiaba Bergamasca” è il mio terzo libro, edito come i primi due da Lubrina Editore, una stupenda realtà editoriale bergamasca. Il quarto libro, invece, intitolato “Fiabe Dritte Per Un Mondo Storto”, è stato pubblicato da Leucotea, una casa indipendente sanremese.

 

Due libri di fiabe dunque, e gli altri?

Sì, due libri di fiabe, anche se in verità sono tra di loro molto diversi. “Una Fiaba Bergamasca” è un libro per l’infanzia, mentre “Fiabe Dritte Per Un Mondo Storto” è una raccolta di fiabe che si prestano anche ad un pubblico adulto, e nel quale sono proprio i bambini a leggere le fiabe ai grandi.
Gli altri due libri, “Riflessi” e “Le Alchimie dell’Anima”, sono invece due raccolte di racconti e poesie con il tema della spiritualità.

 

Spiritualità, un tuo tema caldo potremmo dire. Non a caso il nome con il quale ti fai chiamare è un nome spirituale.

Sì, mi faccio chiamare Rumi seppure il mio nome di battesimo sia Nicola. Tuttavia i miei libri sono firmati con Nicola Crippa, non Rumi. Questo perché mi hanno dato il nome spirituale solo dopo che avevo già scritto il grosso dei miei quattro libri.

 

Che significa che ti hanno dato un nome spirituale? Non hai scelto tu di chiamarti così?

No, affatto! Io nemmeno sapevo chi fosse o cosa significasse Rumi. Allora, mettiamola così: sono un sanyasin, un sanyasin di Osho. Il che significa che intendo dedicare la mia esistenza alla ricerca del vero, alla scoperta di me. E vedo nella via di Osho una corsia preferenziale per conoscermi. Non esclusiva, ovviamente. Anzi, mi applico di più in ben altre vie in verità! In primis quella della scrittura. E, tornando al nome, quando una persona sceglie totalmente di dedicarsi alla ricerca spirituale può anche sorgere in quella il desiderio di avere un nuovo nome, un nome spirituale, appunto.

 

In che senso la scrittura può condurre alla conoscenza di sé?

In un senso fantastico perché leggero e giocoso: scrivere è sempre uno scriversi. Non si può scrivere nulla di cui non si ha esperienza. Poi certo, è possibilissimo scrivere di fantascienza, o di epoche passate, ma al di là della collocazione ambientale delle storie, sotto a quelle sta sempre uno scheletro diciamo emotivo, e quando un autore si presta a creare una storia in verità non fa che tirare fuori delle sue verità emotive, delle sue esperienze, che poi veste con altri abiti. Scrivere è quindi, secondo me, anzitutto conoscersi, conoscersi giocando con se stessi. E scrivere è anche fare arte. Per questo quando insegno Storytelling e Scrittura creativa presento sempre lo scrivere come forma di Arte e Consapevolezza.

 

Possiamo dire che la tua principale attività consista proprio nell’insegnamento dello Storytelling e della Scrittura Creativa?

Sì, da un punto di vista lavorativo questa è la mia principale attività. Tendenzialmente, con gli adulti insegno Storytelling, mentre con i bambini e gli adolescenti insegno Scrittura Creativa, che può essere vista come un sottoinsieme più specifico dello Storytelling. Che sia Storytelling o Scrittura Creativa, tuttavia, il mio approccio è sempre lo stesso: esperienziale, esperienziale e giocoso. Nei corsi anzitutto ci divertiamo ed emozioniamo molto. Facciamo delle esperienze mirate, usando anche la musica, le visualizzazioni o le meditazioni, e coniughiamo simili esperienze all’insegnamento tecnico e teorico legato alla narrazione.

 

Cosa vuol dire insegnare Scrittura Creativa ai bambini?

Devo ammettere che la prima volta che una scuola mi ha proposto di tenere un corso di scrittura per le terze, quarte e quinte elementari mi sono sentito un po’ a disagio: quando presento i miei libri ad un pubblico adulto infatti mi sento sempre rilassato, quando sono invece con i bambini tendenzialmente sudavo e mi agitavo un po’. Ho comunque accettato la sfida, anche perché i piccoli studenti erano innamorati di Boculina, protagonista de “Una Fiaba Bergamasca”. Ed è stato stupendo. Con i più piccoli lavoro tanto sulle fiabe, sul loro sapere essere evocative e intime. E il tipo di lavoro ha anzitutto la forma di un gioco, muoviamo il corpo, talvolta cantiamo o balliamo. Ma poi sotto a questa apparenza si lavora molto in profondità. D’altronde il mio è un ruolo privilegiato: non essendo il loro maestro, non dando alcun voto, gli studenti si sentono più rilassati con me, e si lasciano andare con più facilità a quell’esperienza profonda e giocosa che è la scrittura.

 

Parlando di presentazioni dei libri, ormai abbiamo perso il conto di quante ne hai fatte de ‘Una Fiaba Bergamasca’. Il pubblico era sempre composto da bambini?

Quasi sempre, sì. Ad una delle prime presentazioni erano venuti tanti adulti, incuriositi dal mio primo libro di fiabe. Poi invece ho sempre presentato quel libro in biblioteche, scuole, asili, feste private, eventi comunali.. All’inizio ero un po’ intimorito, poi mi sono rilassato e ho cominciato ad adorare questo genere di presentazioni. Mi sono rilassato anche grazie a Federico Magri, che trovate sui social come Fede Hanguli. Lui è un mio amico intimo, è una persona molto particolare e sensibile. Mi accompagna sempre alle presentazioni perché sa fondere le mie parole alla sua musica. Suona infatti l’Hangdrum, quella sorta di pentolone gigante, o navicella spaziale, o guscio metallico di tartarughe.. I bambini ogni volta che vedono lo strumento di Federico ne coniugano un paragone differente. È simpaticissimo. Federico e io improvvisiamo sempre durante le presentazioni: io con la parola e le letture, lui con le melodie e la complicità che solo gli amici sanno darti. È stato lui a mostrarmi, dopo le prime presentazioni, la magia dei bambini: sanno commuoversi molto molto velocemente, si lasciano andare. Loro non assistono all’arte, la vivono, la bevano, si ubriacano. Quando parliamo di Boculina, immediatamente loro ci fanno amicizia. E le sue peripezie sono da loro vissute in prima persona, certamente anche grazie al fantastico lavoro di Federico.
Spesso, inoltre, con me e Federico viene anche Giulia Diani, l’illustratrice. Credo proprio che i suoi disegni siano uno dei principali motivi del successo de “Una Fiaba Bergamasca”. Mi sento molto felice di potere collaborare con loro due: ognuno di noi ha il suo canale espressivo, e credo che non ci sia nulla di più bello che il vivere a stretto contatto con i propri sogni.

 

Sappiamo che comincerai a collaborare con Yes, Mia adesso, ne sei felice?

Sì, avremo delle collaborazioni. Nei mesi a venire infatti racconterò delle favole con delle dirette sul profilo Instagram di Yes, Mia, o suggerirò sempre in diretta alcuni libri che potrebbero essere preziosi per i genitori. Non illustrerò mai cose del tipo ‘Il manuale del buon genitore’, ma semmai esempi di come i genitori possano stare nel cuore anche nell’approccio educativo verso i loro figli. E, inoltre, con Yes, Mia organizzeremo anche degli eventi ad hoc per bambini a Bergamo e provincia, con merende tematiche e piccoli laboratori. E sì, ne sono decisamente felice: Manuela è davvero una persona esplosiva e super appassionata, la ammiro molto, e collaborare con chi può essere una fonte di ispirazione è favoloso. Inoltre, passare tempo con i bambini è sempre un che di magico, per cui che di magico, per cui come potrei non esserne stra felice?

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