Sara, puoi parlarci un po’ della tua vita?
Lavoro nel mondo del marketing e della comunicazione da quando avevo vent’anni. Ho iniziato in un’agenzia pubblicitaria mentre preparavo la tesi di laurea. Dopo aver “saziato” la mia curiosità, lavorando per grandi multinazionali e viaggiando come una nomade, l’arrivo dei bambini mi ha portato a scegliere modalità professionali meno invasive. Ho circoscritto il mio impegno ad alcune collaborazioni e mio marito è stato importantissimo perché ha sempre fatto da “ago della bilancia”, lanciando messaggi di allarme quando il lavoro diventava troppo invasivo.
Quindi hai rinunciato a dei progetti professionali perché incompatibili con la vita familiare?
Sì. Il mito di chi vende l’idea delle donne in grado di fare tutto allo stesso tempo – madre, moglie, amica, figlia, sorella, professionista… – è ingannevole. Le nostre risorse non sono infinite, bisogna gestire tutto con consapevolezza, intelligenza e amore. Una bella sfida!
E’ stato difficile?
Essere madre è sempre stata una parte della mia natura e negli anni ho capito che anche questo è un percorso. Si cresce coi figli, ci si scopre, ci si ama, a volte ci si scontra. Poi l’amore evolve e diventa sempre più vero e forte con il tempo. Si superano insieme le difficoltà e si condividono le gioie.
Avete un ottimo rapporto…
Guido ha 12 anni e Anna 9. Sono il dono più grande che la vita mi ha fatto, ma anche il più impegnativo. Senza retorica, non si possono mettere i figli in stand- by. Ogni tanto abbiamo dei conflitti che si acuiscono nei miei momenti di maggiore stanchezza, hanno entrambi una personalità molto forte, anche se espressa in modalità differenti.
Cosa vi unisce?
La nostra agenda è serratissima. Tra la scuola, lo sport (siamo tutti tennisti), la musica, il catechismo, le nostre giornate sono veramente molto dense. Ho sempre proposto loro molte attività, ma senza forzarli. Cerco di essere presente, ma sicuramente il lavoro mi “impedisce”, per mancanza di tempo, di essere una mamma ossessiva. Il mix che i miei figli vivono, in cui c’è spazio per scuola, sport, ma soprattutto amici e cugini, è quello più giusto per loro, rispettando il tempo per loro stessi.
La vostra giornata-tipo?
Non l’abbiamo: siamo sempre in evoluzione. Lo scorso weekend ad esempio abbiamo provato a girare in un circuito di moto cross. La settimana prima eravamo in Sardegna alla scoperta delle dune più grandi d’Europa.
Amate molto viaggiare insieme, quindi.
Decisamente! Andiamo insieme alla scoperta di luoghi. Ricordo che una volta appena atterrati a Londra, Guido, sprofondato nel sedile di un cab, disse: “Ci voleva proprio un po’ di Londra!”. Avrà avuto sei anni. Abbiamo esplorato Londra in lungo e in largo, perché una delle mie sorelle vive là e noi amiamo il meltin-pot della vita londinese.
Programmate i vostri viaggi?
No, di solito l’itinerario è solo un po’ abbozzato. Improvvisiamo, vagando senza orari e facendo una montagna di foto, soprattutto io. In quei momenti sedimentiamo memorie che sono certa loro ricorderanno nella loro vita adulta. L’anno scorso abbiamo visitato la Sicilia e i castelli della Loira in Francia, due viaggi meravigliosi. E ci lanciamo in esperienze “spericolate, ma con la dovuta cautela”: abbiamo imparato a fare waterboard in Sardegna, adoriamo i go- kart, abbiamo nuotato con i delfini a Dubai e con le foche in Madagascar…
I tuoi incarichi lavorativi, legati al mondo del marketing e della comunicazione, ti portano spesso fuori casa. Come concili questo stile di vita con l’impegno di crescere due bambini?
Se viaggiando scopro un posto bello, ci torno con i miei figli. Raramente sono riuscita a portarli con me se ero via per lavoro. Grazie alla consulenza riesco per fortuna ad alternare momenti di lavoro molto densi a tempi dedicati esclusivamente ai ragazzi e cerco di distribuire le trasferte in modo da non essere lontana da loro per più di tre giorni consecutivi. Quando sono lontana sfruttiamo il fatto che siano “nativi digitali”: in questi casi la tecnologia è un buon compromesso, anche se non sostituirà mai la forza di un abbraccio o il calore di un bacio.
La famiglia ha un ruolo centrale nella tua vita. Non solo quella che hai creato, ma anche quella da cui provieni.
E’ proprio così: ho sei sorelle e quattro fratelli! Sono cresciuta in una meravigliosa, rumorosa tribù sviluppando una delle qualità che più mi è stata utile nella vita, sia professionale che personale: la capacità di sintonizzarmi con gli altri, l’empatia. Con alcuni condivido la quotidianità, altri vivono lontano, ma questo non ci impedisce di restare uniti. Condividiamo tutto, pensieri, preoccupazioni, sogni e gioie. Come ho scritto di recente sul mio profilo Instagram: “L’amore fra fratelli è un legame invisibile, una rete emotiva fitta, intrecciata, forte, che mi fa essere a volte spericolata nella vita. Tanto se cado, loro mi prendono”.
Le tue attività professionali e familiari sono profondamente connesse con Verona. In che modo ti senti legata alla cultura veronese?
Sono nata e cresciuta a Verona, ma ho vissuto quasi vent’anni a Milano, dove sono nati i miei figli. Quando abbiamo deciso di tornare nella mia città natia lo strappo da Milano è stato doloroso. Verona è un piccolo scrigno di bellezza, ma è ancora molto chiusa in se stessa. Però amo moltissimo l’opera in Arena per la sua intensità o la stagione estiva del Teatro Tomano, un luogo magico dove va in scena Shakespeare mentre sullo sfondo rumoreggia l’Adige. Oppure adoro uscire nel buio freddo e umido della Verona d’inverno, per poi rifugiarmi dentro al teatro in quell’atmosfera un po’ sospesa. Passeggiare la mattina presto per la città, poi, è un’esperienza imperdibile, quando le vie strette del centro sono silenziose e deserte. Verona mi assomiglia molto nell’alternare momenti vibranti di energia a momenti molto più calmi e lenti. Quindi direi che amo molto la mia città, ma ogni tanto devo fuggire via per poi ritrovarla.
Sei responsabile marketing e comunicazione di Pasqua Wines, una delle più importanti realtà italiane per quanto riguarda il vino. Abbiamo potuto ammirare questa azienda anche durante la bellissima installazione di Vinitaly. Come è andata?
Quando mi è stato proposto di seguire la comunicazione di Pasqua sapevo che avrei accettato una bella sfida. Il mondo del vino ha dei codici linguistici molto precisi e in Pasqua cercavano qualcuno che fosse esterno al settore per avere un punto di vista diverso e un approccio nuovo. Io rappresento quella visione, siamo uno dei brand più innovativi nel nostro settore. Non abbiamo paura di rompere gli schemi, senza perdere di vista la nostra identità, il nostro DNA italiano. Ho la fortuna di lavorare con la famiglia Pasqua che mi ha dato grande fiducia e devo ringraziare particolarmente Riccardo Pasqua, che conosce profondamente il mondo del vino. Vinitaly mette Verona al centro del mondo per qualche giorno e Pasqua sta sostenendo e finanziando giovani talenti, ambiziosi come il brand, nella realizzazione dei loro sogni.
Del tipo?
L’artista contemporanea Giorgia Fincato, ad esempio, ha realizzato un progetto per noi nel giardino della Cantina: un meraviglioso labirinto fitto e profumato da 991 piante di allori, che si estende per 1600 metri quadrati. Questo stesso disegno è stato trasportato sull’etichetta di una Limited Edition del nostro Amarone più premiato che ora porta la sua firma e sarà esportato in 53 mercati.
Che significato ha il labirinto per Pasqua?
E’ metafora della vita, della ricerca, del fallimento e della rinascita. Ma è anche metafora del processo degustativo. Quando si assaggia un vino lo si comprende e lo si decodifica dopo vari sorsi e tentativi. Ogni anno a Vinitaly vogliamo offrire ai nostri ospiti un’immersione nel brand e attraverso il labirinto ci siamo riusciti. Ho il grande privilegio di poter raccontare quotidianamente il vino, l’Italia e la sua bellezza nel mondo. Non è mai banale ricordare quanto tutti invidino lo stile di vita italiano!
“So Bright!”: “Così brillante” è il nome che hai dato all’agenzia di media e stampa che hai da poco fondato. E “brillante” è un aggettivo che ti si addice, no?
Sono felice che tu abbia capito che il naming sia stato un lavoro molto personale, quasi una mia “espansione”. Ho giocato con le iniziali che sono le stesse del mio nome. Il lavoro mi consente di esprimere la mia creatività. Scrivere, leggere, studiare, andare a caccia di idee, progettare e poi ancora rivedere le mie idee diventare realtà mi regala grande soddisfazione. Ho tanti progetti in cantiere, la pentola bolle… a breve il contenuto sarà svelato.
Comunicare è molto importante anche quando si è mamme…
Non credo esista una ricetta per la mamma perfetta. E io non mi ritengo una “case history”. A volte non sono riuscita a essere presente come avrei voluto. A volte me ne sono accorta quando il momento era già passato e in qualche modo irrecuperabile. Questa, però, è la mia vita e cerco di viverla con tutta l’intensità che mi caratterizza. Ho la consapevolezza di fare del mio meglio. Gli anni, forse, mi hanno resa più serena. Ai mie figli infatti dico sempre di cercare di capire cosa desiderano davvero in fondo al cuore e di impegnarsi per costruire quel sogno. Come mi diceva mia madre quando ero bambina: “Ti auguro di cercare e trovare il senso profondo della vita”. Io ho trovato il mio senso profondo. Sono al loro fianco sempre, specialmente in questa ricerca. A volte sono un buon esempio, altre no. Quando sbaglio chiedo loro scusa e a quel punto ricominciamo insieme. A cercare insieme…